Dal 2003, in tempi non sospetti e mentre tutti erano intenti a curare l’esordio del Morellino quale alternativa al Sangiovese propriamente detto, il vino di Vigna Paronza veniva già selezionato come Cru aziendale.
Fai ciò di cui sei capace. Datti un obiettivo che sia adeguato a te e perseguilo, direbbe un personal coach.
Mai scelta fu più azzeccata. Come sempre del resto. Siete d’accordo che ciò di cui avete bisogno può essere più vicino a voi di quanto possiate pensare?
E così, distratta nel commercio del legname in Africa e dintorni, la famiglia curava il suo giardino di casa Toscana nel Chianti di Casale dello Sparviero a Castellina in Chianti, preso il tempo come alleato, ha presentato la sua prima verticale del Cru del Chianti Classico docg Vigna Paronza dal 2003 al 2012, a Milano, curata dalla professionalità di Rossi&Bianchi, azienda specializzata nella comunicazione e del vino.
Nella degustazione si sono susseguite etichette cambiate nel tempo con un comune denominatore: la qualità del vino, espressione del terroir di Vigna Paronza.
La selezione di Sangiovese grosso ha contribuito agli invecchiamenti più diversi, affiancato il tempo come grande alleato si è espressa nel bicchiere con potenza, eleganza, complessità non comuni, finalmente.
Alessandro Salaris, cantiniere della azienda da sempre, conserva probabilmente i segreti che accompagnano l’eleganza di questi vini con una supervisione delle menti illuminate a capo dell’azienda.
Ecco cosa ho provato:
Ho scelto il vino del 2007 per perdermi nei profumi terziari, il 2008 per la potenza maschile, il 2006 per la mineralità e la finezza.
Il 2010 ho pensato di aspettarlo nel tempo.
Il 2003 è piacevole e riconoscibile.
Il 2004 è il fratello maggiore del 2007 per somiglianze.
Tutti abitanti del giardino chiamato vigneto Villa Paronza.